Il motore boxer

Italia, 1940: l’Alfa Romeo 158, soprannominata Alfetta per la sua compattezza, risulta vincente grazie al suo motore 1500 con 8 cilindri in linea, 4 valvole per cilindro, successivamente potenziato con l’adozione di un compressore volumetrico. Il motore, capace al debutto di 195 CV, era montato in posizione anteriore longitudinale e la trazione posteriore: per equilibrare i pesi Satta Puliga decise di montare il cambio al posteriore. La soluzione, pur non essendo nuova, divenne non solo il marchio di fabbrica ed elemento distintivo per le vetture del biscione ma anche la soluzione tecnica utilizzata per le vetture sportive prodotte dalla BMW, Porsche, ecc.

Il primo boxer al mondo

Tuttavia la casa di Arese non dorme sugli allori della belva nata nel 1937 nelle officine Ferrari, il reparto sperimentale dell’Alfa Romeo, e così si mette al lavoro su un nuovo motore boxer a 12 cilindri, sempre 1500 cc, sovralimentato, che venne posizionato in posizione centrale sulla nuova monoposto “Tipo 512 Gran Premio”. All’epoca solo la teutonica Auto Union Type C adottava questa disposizione dei pesi.
Il motore si preannuncia fin da subito estremamente competitivo, con una potenza al banco di 335 CV, e la vettura su cui viene montato promette molto bene: ottima distribuzione dei pesi, cilindrata inferiore alle avversarie, linea aerodinamica e affusolata che ne assicurano un’ottima deportanza, ha una velocità massima di oltre 350km/h.
Purtroppo stiamo parlando di un periodo dove l’Alfa è già sofferente economicamente (è stato lo stesso Mussolini a impedirne la chiusura tramite l’IRI qualche anno prima), e la produzione principale era costituita all’80% da motori d’aereo, inoltre con lo scoppio della seconda guerra mondiale le competizioni avvenivano solo entro i confini nazionali o, al massimo, in Sud America, ma con ridottissima presenza italiana, quindi il progetto fu abbandonato e la 158 divenne la monoposto più longeva al mondo…

Ancora competizioni!!!

Qualcosa come 36 anni dopo l’Alfa Romeo si presenta in pista con la 33 TT12, il cui propulsore è un 12 cilindri contrapposti (boxer!!!) 3.000 cc di cilindrata e oltre 500 CV: l’unione con un ottimo telaio scatolato che fermava la bilancia a poco più di 700 kg aiutarono questa belva a vincere a man bassa negli anni successivi anche con la 33 SC12 che verso il 1977 venne dotato di doppio turbocompressore e con cilindrata da 2134 cc, con una potenza di quasi 650 CV!!!

In Formula 1

Il motore boxer è stato quindi utilizzato in F1 con la Brabham BT46/B, progettata dal mitico Gordon Murray su commissione di Bernie Ecclestone per contrastare lo strapotere della Lotus 79: il progettista, non potendo sfruttare l’effetto suolo delle wing-car a causa dell’ingombro laterale del motore boxer, adottò una ventola posteriore che risucchiava l’aria sotto l’auto, giustificandola dal punto di vista regolamentare come ventola di raffreddamento di un radiatore lì posizionato.
La vettura debuttò al Gran Premio di Svezia 1978, nel Circuito di Anderstorp:

Accendiamo la macchina ai box e accade una cosa inquietante. È tanto il risucchio della ventola, che la Bt46 si abbassa e tocca terra da ferma! […] Per non farla distruggere nelle spanciate, tanto gratta il suolo, togliamo le molle da 1000 libbre e adottiamo quelle da 3000!
(Ermanno Cuoghi, capomeccanico di Niki Lauda alla Brabham-Alfa Romeo)

Il dominio fu nettissimo:

Prima delle qualifiche Gordon Murray viene da me e chiede di far imbarcare il pieno di benzina e gomme di “legno”. Ho capito male? Gli chiedo di ripetere. “Voglio il pieno. Siamo troppo forti. Dobbiamo bluffare, andare più piano, sennò ci squalificano”. Detto e fatto. Con 210 litri di benzina siamo secondi e terzi in griglia. […] In gara non c’è storia: Lauda stravince.
(Ermanno Cuoghi, capomeccanico di Niki Lauda alla Brabham-Alfa Romeo)

L’auto viene bandita dal Mondiale: troppo pericolosa, dicono, la ventola che aspira e spara posteriormente il brecciolino presente sulla pista. La BT48, motorizzata Alfa Romeo ma priva della ventola, non fu altrattanto competitiva…
L’ultimo utilizzo del boxer 12 cilindri in F.1 fu nel ’78 in attesa di preparare un V12 che fosse più portato all’utilizzo sulle Wing-car, ma con scarsi risultati.

Boxer di serie

E veniamo a noi, al boxer che abbiamo imparato ad amare e a conoscere nelle sue varie cilindrate, utilizzato da quel genio di Rudolf Hruska, passato per la progettazione del Maggiolino, ma anche dei carri armati Tigre TI e TII, transitato dalla Cisitalia, e infine approdato all’Alfa Romeo.

Prodotto con cilindrate da 1196 cc, fino al 1712, il boxer ha prima motorizzato le Alfasud, quindi le Alfasud Sprint, quindi le 33 e le Arna e infine le 145 e le 146, con potenze dai 63 ai 118 CV, per poi passare, nel 1989, ai 137 CV del più potente boxer di serie mai prodotto dall’Alfa Romeo, con 4 valvole per cilindro, iniezione di tipo Bosch ML 4.1 e quattro farfalle, una per ogni condotto di aspirazione: un bel canto del cigno per un motore nato nel 1976.

Da ricordare, infine, che nel 1985, a richiesta della Finmeccanica, fu progettato un motore boxer di 2000 cc. Questo gruppo era un po’ più piccolo di quello usato all’epoca dall’Alfa Romeo e ne furono costruiti alcuni prototipi ma la cosa, purtroppo, non andò avanti. Restava in serie quindi solo il conosciutissimo boxer che avrebbe potuto essere ancora leggermente incrementato in cilindrata utilizzando al massimo le potenzialità delle attrezzature di Pomigliano, già così predisposte nel 1968.

 

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